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      In Milano possedeva due palazzi, quello del padre e quello dello zio. La casa paterna era stata da lui abbandonata. Invece aveva arricchito il palazzo dello zio di statue e quadri e vi dimorava nell'inverno. Per la stagione estiva s'era poi fatto fabbricare appositamente un palazzino sibaritico tra platani e tigli, in una parte di quell'area che fu poi tutta occupata appresso dai pubblici giardini. I fratelli Galliari e il Bibiena vi dipinsero prospettive; del Tiepolo juniore di Venezia vi erano raccolti quadretti di genere, rappresentanti scene di una gioconditā tutt'altro che irreprensibile. Aveva fatto acquisto d'una Galatea del Maratta, della toilette di Venere del Lazzarini, di una bellissima Leda col cigno dello Zuccari, e di altre tele molte d'antichi e contemporanei. Aveva commesso al giovinetto Biondi, scolare del vecchio Porta, una copia del ritratto della Fornarina di Raffaello, un'altra della Gioconda di Leonardo. Amava dunque l'arte e se ne circondava, quantunque la pagasse scarso e lento. E come amava l'arte, cosė prediligeva la beltā femminile, nella stima della quale poteva sostenere la discussione con un intero corpo d'artisti accademici; e la giudicava anche di sotto alle dubbie apparenze col colpo d'occhio d'un trafficante di schiave, commissionario d'harem; o come un mercante di puledre, estimatore infallibile d'incollature e terga e fianchi e popliti e garetti. Frequentatore assiduo del palco scenico, quantunque fosse intendentissimo di musica e della grande arte delle capriole, pure non era giā nč il trillo pių agile, nč la scala pių granita, nč la nota tenuta pių limpida, nč il salto pių imperterrito che lo esaltavano; bensė era capace di attaccarsi con sembianza d'amore (aprendo perō sempre la borsa, per la gran pratica che aveva nel mondo) anche alla stonatrice pių perversa, purchč avesse il collo di Diana; di scegliere anche l'ultima danzatrice in linea d'arte, purchč fosse la prima nella linea del corpo.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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