Alla mensa apparecchiata per lunghissimo tratto innanzi al suo casino, mezzo nascosto dalle alte piante, i convivi sedettero in gran numero. Se vi fu profusione d'imbandigioni, vi fu buon gusto straordinario nella disposizione, diremo, ornamentale del banchetto; vi fu originalitą nel modo onde venne servito; chč in luogo di camerieri incipriati e livreati e passamantati, dodici donzelle, pręstanti corpore, alla pił matura delle quali la Parca, appena appena - Il decimo ed ottavo anno filava - dodici donzelle foggiate in vario costume e discinte anzichč no facevano il servizio della tavola, e ad un cenno degli invitati, da espertissime Ebi a cinquanta soldi al giorno, versavano spumante lieo nei calici lucenti. Allorquando poi i convitati furono saturi, e la mensa presentņ come la scena di un campo di battaglia, e rovine di pasticci, e ruderi di bomboniere, e una selva inestricabile di bottiglie e di vasi e di calici, allora cominciarono le danze, e pił decine di cavalieri colle loro ballerine intrecciarono quadriglie ed eseguirono il lento minuč, tanto propizio alle digestioni.
Innanzi a questo banchetto, con pochi amici e col bicchiere alla mano, continuņ a star seduto il marchese, intanto che fervevano le danze, e negli intervalli la bella e capricciosa Agujari cantava nell'aperto salone del palazzino mettendo il delirio in tutti gli ascoltanti; la bella Agujari che costava tesori a chi la voleva corteggiare, e che da poco tempo s'era degnata di accordare la sua benevolenza allo splendido marchese, perchč un giorno, dopo il pranzo, le aveva concesso di fracassare un ricchissimo servizio di porcellana del Giappone; e un altro giorno che don Alberico era smontato da un bellissimo cavallo arabo, ottenne da lui, se non voleva ch'ella il piantasse sui due piedi, di poter tirare un colpo di pistola nell'orecchio di quel nobile animale.
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