Vicino a lui era il prevosto Lattuada di Varese, prete fenomeno, e che poteva parere esaltato tra gli esaltati. V'era il frate somasco Carrera, che, educato ai rigori della vita claustrale, di tanto lasciò prorompere alla libertà la sua indole, di quanto era stata violentemente compressa.
Adocchiato dunque dal padre e dagli amici, il nostro Giocondo, che sta fra noi non vecchi e i nostri vecchissimi avi, come Enoc stette fra Adamo e Noè, venne invitato e fu soccorso anche da un sagrestano a trascinarsi fino a quella cappella privilegiata, collocata nei rapporti col pulpito in modo, che della voce del predicatore non si perdesse alcun suono.
Ma il predicatore continuava la sua predica da qualche tempo, onde i nostri ascoltanti lo seguirono coll'attenzione, appena seppero togliere il bandolo del discorso:
«Reca dolore, così parlava il famoso arciprete di San Lorenzo, reca dolore il mettere in vista cose di sì poca edificazione, e temo che chi mi ascolta, più fornito di pietà che di lumi, prenda occasione di scandalo, e pensi che convenisse dissimularle; ma chi parla al popolo credente deve dire la verità tutt'intera. Un tale esempio ce lo danno gli storici sacri. Mosè non dissimula i delitti del popolo, nè le proprie sue colpe; Davide volle che il suo peccato fosse reso palese; gli evangelisti, nel Nuovo Testamento, rappresentarono concordi l'infedele caduta di San Pietro.
«Io so che alcuni uomini ammalati di pregiudizj e d'ignoranza incurabile, perchè non amo credere ad altre cagioni meno oneste, andarono insinuando, e dal pulpito quando avevano coraggio, e dal confessionale quando avevano paura, che non bisognava dare ascolto alle mie parole, che io non possiedo nè sapienza nè dottrina, che abuso di quella autorità di che sono stato rivestito.
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