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      In quella occasione la mia ambizione mi precipitò in mille iniquità. Ho ajutato i papi; ho rotto, a persuasione di essi, il matrimonio colla figlia di Desiderio; l'ho rimandata disonorata al padre.
      - Per colmar lo stajo delle mie reità, mi sono lasciato indurre a far signori i pontefici romani di una gran contrada d'Italia, con che veggo d'aver gettato i fondamenti della di lei totale rovina. Per la qual cagione mi debbo aspettar da Dio un castigo severissimo, e la memoria mia sarà avuta in abbominazione dalla italiana posterità. Il dominio di tante città e provincie, in mano di un ecclesiastico, non può produrre che mali gravissimi. Come mi giustificherò io dunque, o Dio, di tanti guai, delle tante guerre, e delle tante calamità, che, per la donazione che feci alla Chiesa di S. Pietro, sovrastano all'Italia? -
      «Queste parole di Carlo Magno sul letto di morte fanno piangere a ripensarle oggi. Però non è fanatismo nè errore il dire, che la soppressione del dominio temporale, ossia la distruzione di tutto ciò che portò seco la fatale donazione di Carlo Magno, è l'unico rimedio per far cessare gli orrendi abusi della corte di Roma e per salvare l'Italia.
      «Sono secoli e secoli che la Chiesa mortalmente geme sotto i disordini della corte di Roma, prodotti dal temporale dominio del papa; tempo è dunque oramai che si dia contro di essi un colpo vigoroso, risoluto e decisivo. I disordini allora cesseranno; la Chiesa, depurata da' pregiudizj, trionferà; gli Stati saranno tranquilli; la pace sarà nel mondo; l'umanità potrà finalmente provare tutti i beni dell'esistenza, e Dio sarà glorificato.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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