A tre ore dopo mezzodì, come dicemmo, la piazza della Scala era talmente stipata di pubblico, da presentare tutti i pericoli di un fiume straripato e irruente, che non trova il suo sfogo, e che, fino a tanto che non gli è dischiusa una via, non manca di lasciare qualche traccia e qualche vittima dell'impeto suo.
Tuttavia, dopo molto tempestare e urtare, dopo che la folla, rappresentata atleticamente dagli uomini che erano riusciti a collocarsi colla schiena alla porta tanto della platea che del loggione, dandovi di tanto in tanto degli urtoni e delle scosse formidabili, ebbe esaurite tutte le intimazioni minacciose di aprire, le porte finalmente si dischiusero, ma non là precisamente dove la folla s'era di più accalcata, ma bensì agli aditi laterali di quell'angusto e basso e prolungato androne, che l'architetto Piermarini sembra avere ideato e disegnato in un momento di collera contro il pubblico milanese e coll'intento di vendicarsene tutte le volte che si recasse alla Scala per divertirsi.
Codeste irruzioni di pubblico nel teatro, le quali presentano i pericoli di una battaglia, dopo la decadenza dell'arte, non si verificarono più affatto; e i giovani ventenni che, a spettacolo incominciato, oggi possono, anche in una prima sera, avere accesso in platea, crederanno esagerata la nostra relazione. Ma noi avemmo più volte compresse le costole agli spigoli dell'andito, là dove svolta a mostrarci la faccia burbera del portinajo, quando adolescenti ci recammo ad assistere agli ultimi splendori dell'arte vera.
| |
Scala Piermarini Scala
|