Gli uomini sensati però s'intromisero a gettar acqua sul fuoco; e, per quella legge inversa onde talvolta i meno tirano i più, riuscirono a ricondurre la tranquillità e a far proseguire il ballo.
E il ballo, dopo molto tempestare, continuava colla spedizione del messo incaricato di partecipare la mente infallibile del S. Padre agli agenti della repubblica francese. E qui si scioglieva la congregazione; dopo di che si cambiava la scena in un interno della corte pontificia, dove, per far luogo alle inevitabili donne, si rappresentava un intrigo tra la principessa Braschi, nipote del papa, la quale aveva una speciale predilezione per la guerra, e la principessa Santa Croce, la quale invece si dilettava della pace. Se non che il papa, adulato e dall'una e dall'altra, spediva il senator Rezzonico e il brigadiere Gandini per le opportune disposizioni di guerra. Ma, a questo punto, di bel nuovo il generale dei Domenicani, eccitato a parlar chiaro dalla principessa Braschi, prorompeva ad accusare francamente l'inganno e l'impostura dei cortigiani che aggiravano il papa; e coi gesti si affannava di esprimere quello che per fortuna diceva chiarissimamente il libretto: Il ministro di una religione di pace non deve che abjurare ogni pensiero di guerra. - Il successore di S. Pietro deve maneggiare le chiavi e non la spada. - Bisogna seguire le massime degli apostoli, e non quelle dei cardinali. - L'eredità del papa è la Chiesa, e non già l'impero temporale altrui usurpato.
Ma, a tutte queste sentenze belle e buone, il papa rispondeva che, avendo parlato, ex-cattedra, la vittoria era assicurata: e così finiva l'atto primo, nel momento che Pio VI partiva da una parte, seguito dalla principessa Santa Croce, e il generale dei Domenicani partiva dall'altra, seguito dalla principessa Braschi.
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