Ma in questo frangente torna in iscena il generale dei Domenicani, il quale dal poeta compositore e dal coreografo tiene la duplice missione, e di rappresentare l'alta ragione del dramma, e di produrre a luogo e tempo i colpi di scena invocati dal colto pubblico. Esso dunque, avendo la virtù di sacrificare i sentimenti particolari all'amore del prossimo, e amando sinceramente i veri interessi pontificj, all'improvvisa novella pensa di recarsi anch'esso dal papa. Qui nasce un terribile contrasto d'idee, d'opinioni, di passioni. Il general Colli vorrebbe, dopo il primo colpo della sorpresa, far credere ch'ei solo può bastare a cambiare l'aspetto delle cose; ma il papa, rinvenuto dal suo deliquio, ondeggia fra il timore e la speranza, e mostra in tutti gli atti della sua costernazione ch'egli è soggetto a tutte le passioni di un mortale fallibile. Però, dopo lungo esitare, si abbandona fra le braccia del generale dei Domenicani; il quale lo conforta cristianamente a provvedere una volta, qual degno successore di san Pietro, alla gloria della Chiesa ed alla salvezza del popolo. «Rinunciate, esclama altamente il Domenicano, rinunciate al fasto ed al regno di questo mondo che non è quello del cielo; deponete la tiara, e mettetevi invece il berretto della libertà, ch'era certamente quello degli apostoli pescatori (e qui gli offriva quell'insegna); riconoscete insomma i diritti inalienabili del popolo, che è la vera Chiesa di cui dovete esser padre e non già despota.»
A queste parole il general Colli si slanciava contro il berretto della libertà; ma il popolo, compreso della verità più che dell'impostura, rivoltava le armi contro di lui.
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