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      Il Galantino fu in prima tentato di levarlo di peso con una violenta rimbeccata, ma, limitandosi a guardarlo fisso per un pezzo, si volse poi al marchese, dicendo sommesso:
      - Che bestia!?
      - Abbiate pazienza, gli accennò il marchese; ma bisogna compatirlo, perchè è un sant'uomo; e poi è anche un gran sapiente.
      - Alla larga, caro mio; ma se avessi saputo di compromettermi con questi stolidi, avrei fatto i miei affari altrove. Gli altri almeno sono impostori; ma costui ci crede davvero.
      Tutti si rimisero in silenzio: poco dopo monsignor vescovo invitò l'ex frate di S. Damiano a continuare il suo discorso, e a metter fuori le sue proposte.
      - Quand'io ho nominato Giuditta, riprese l'ex frate, non l'ho fatto per indicare che ve ne fosse una rediviva; così l'avesse concesso la Provvidenza; così, nel tempo medesimo, la Provvidenza avesse decretato che questo giovane Côrso fosse arso anch'esso dalla salacità orientale di Oloferne! Il peccato avrebbe fatto la vendetta del delitto. Ma egli è temperante, è sobrio, è freddo, è casto. Egli non ha altra voglia che di distruggere gli uomini e di far guerra a Dio. Però ben meriterebbe degli uomini e di Dio chi trovasse il modo di togliere di mezzo questa fatale esistenza. Giuditta fu acclamata dai seniori quando mostrò al popolo di Betulia il teschio d'Oloferne. Chi uccidesse il generale sarebbe benedetto da tutti gli uomini, dagli uomini d'Italia ed anche dagli uomini di Francia.
      Qui il Galantino interruppe l'ex frate:
      - Ma, in conclusione, vi proporreste voi stesso di far le parti di Giuditta?


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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