IX
Il capitano Baroggi, quando non stava in castello, alloggiava, lo abbiamo già detto, in una delle case che il Suardi possedeva in Milano, e spesse volte andava a pranzo da lui. Il giorno stesso in cui era andato a visitare il suo protettore, e contro il solito, lo aveva trovato così mal disposto, ricevette poco prima di pranzo un biglietto d'invito del Suardi, con preghiera di non mancare. La preghiera era superflua. Il capitano non desiderava altro.
In quel dì non ci furono commensali. Il Suardi e il Baroggi pranzarono soli, l'uno in faccia dell'altro. Il signor Andrea era tornato calmo e lieto come d'ordinario; questa almeno era l'apparenza.
- Caro capitano, come vanno le faccende colla bella contessa?
- Nè bene, nè male; anzi piuttosto male che bene; nè colla R... vanno meglio, chè dice di esser gelosa, e minaccia scandali. In conclusione, signor Andrea, sono abbastanza annojato del mio quadruplice impiego, e vorrei domandare la giubilazione. D'ora innanzi non voglio più saperne di tali donne. Ambizioni, capricci, dispetti, finzioni, ecco ciò che ho raccolto in questi novanta giorni di guarnigione.
- Col tuo metodo di tenerle tutte a bada in un tempo solo, non si possono che raccoglier dispetti e malumori. Credi tu che l'una non viva in sospetto delle altre, e che ignori?... È un miracolo che t'abbiano sopportato fino adesso.
- Ma io non mi sono ingaggiato con nessuna... non ho nessun patto di scrittura che mi obblighi piuttosto all'una che all'altra. Io vado nelle loro case come ci va un amico comune.
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