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      Donna Clelia non piangeva, nè quasi guardava; ma volgendo in alto gli occhi e il volto severissimo e venerando, teneva intrecciate le vecchie mani tremanti, come chi prega o ringrazia Iddio, o recita cose devote.
      Il vecchio Lorenzo chiese allora sottovoce al proprio figlio dov'era il capitano; e, sentito che s'era ritratto nella stessa casa Bruni: Va tosto a chiamarlo, senza perder tempo. Se non si coglie al volo l'affetto e la pietà, non si fa più nulla.
      Giocondo Bruni uscì, e tornò tosto col giovane Baroggi.
      Allora Lorenzo, sentito dall'anticamera il tintinnio degli speroni, disse alla contessa Clelia: C'è qui il capitano Baroggi. Io stesso l'ho fatto venire. Accoglietelo come vi consiglia la vostra sapiente bontà. - Così dicendo uscì, e condusse con sè a mano il giovane soldato. - Donna Paolina alzò il capo e guardò, e rattenne il singhiozzo, e sorrise guardando il caro giovane.
      Codesta scena intima di famiglia, tradotta e fermata dall'arte figurativa, ben potrebbe sembrare un'allegoria storica per chi si rifiuta a credere che dal semplice caso sieno generati uomini e cose.
      Nella contessa Clelia pareva rappresentata la vetusta aristocrazia che, ad onta della dottrina delle sventure, delle lezioni dell'esperienza, degli stessi affetti più nobili e più disinteressati, pure si ostina a star separata ancora dall'elemento popolare.
      Lorenzo Bruni raffigurava codesto elemento appunto, più antico di tutte le aristocrazie; e il cui lavoro incessante in tutti i tempi, sebbene più o meno celato e più o meno efficace, era prossimo a dominare gli altri, in virtù di una legge naturale più legittima di tutte le leggi storiche sorvenute.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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