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      Quando, a casa, seppi chi era colui, pensai tra me, da qual cosa dipendesse che, essendovi pure tanta somiglianza tra il Suardi, avanzo di galera, e lui cavaliere nobilissimo, pure si guardava il primo con una certa soddisfazione dell'occhio, dove il secondo riusciva diabolicamente antipatico. Metto qui codesta considerazione, perchè, fatta allora da un fanciullo senza esperienza e senza l'abito di riflettere, viene ad acquistare un certo significato.
      «Per quell'anno io non vidi più nè quella casa, nè quelle persone, nè la giovinetta Ada, la quale, quantunque io non contassi che dodici anni, avrei visitata assai volontieri. Dopo, per tre anni successivi. vissi con mia madre e mio padre, un po' a Parigi, un po' a Berlino, un po' a Napoli, e non ritornai a Milano che nel 1770. Io avevo allora sedici anni.
      «A questa età chi è stato a Parigi e ha viaggiato mezz'Europa e non è nato scimunito e ha sfregate le quinte di tanti palchi scenici, non è più un ragazzo, ma un giovane fatto. Noto questo perchè, quando seppi che mia madre era andata sola a far visita in casa della contessa, io mi lamentai dell'essere stato dimenticato, e, senza chiedergli nè un permesso, nè un parere, pensai di recarmi là io solo.
      «Prima d'andare, m'informai di ciò ch'era avvenuto di tutte le persone che componevano quella casa. Rimasi assai maravigliato quanto seppi che la contessina Ada la chiamavano già la sposina; chè, dopo molti dispetti e lagrime della fanciulla, finalmente erano riusciti a farle dire che era contenta di concedere la mano al marchese F... Tutti però mi assicuravano ch'ella avrebbe voluto andar piuttosto alla morte, che a quelle nozze.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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