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      «Se lo scrittore, in vista dell'enormità di queste accuse, fosse tentato a non prestarmi fede, per buona fortuna può leggere un libretto postumo di Pietro Verri, dove si dice precisamente quello che dico io. Non già che Pietro Verri sia più galantuomo di me, ma avendo più autorità, toglierà di mezzo qualunque dubbio. A proposito di codesto signor Diletti, io ho saputo dalla bocca del signor Giovanni Ambrogio Rosnati, ragioniere in capo della Banca Suardi, come, avuto il permesso di abboccarsi col proprio principale, quando questi trovavasi ancora nelle carceri del Capitano di Giustizia, ei gli fece comprendere, in un momento che i secondini si erano allontanati, fatti più morbidi dal consueto unguento, di tentare il Diletti con promessa di danaro; il quale, dopo essersi dimostrato inespugnabile in principio, diventò arrendevolissimo dopo; tanto che in più riprese ricevette da lui fino a quattromila zecchini di Venezia. Queste cose io le seppi dal detto ragioniere quando il Firmian era già morto, legando un debito di un milione di lire milanesi, e lasciando nella miseria più d'una famiglia perfidamente ingannata dal segretario Diletti, che per il prodigo e fastoso padrone aveva fatto il sensale onde ottenergli molte somme in prestito. Della quale notizia lo scrittore approfitti per cavarne qualche situazione interessante, collocandola in quella sede del suo racconto che più gli parrà adatta.
      «Tornando al fatto, se io ho aspettato molti anni per sapere dalla bocca del Rosnati la riprova delle pubbliche dicerie; già sin dal giorno che il Suardi, improvvisamente, per decreto del Senato, venne rimesso in libertà, tutto il mondo sapeva che ciò era avvenuto per ordine espresso del conte di Firmian, il quale voleva quel che voleva; e tutto il mondo vociferava che il cameriere Diletti era stato impinguato dal Suardi.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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