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      Ma coloro che, volendo far la cura del municipalismo, non vogliono, essendo italiani, mettere a repentaglio il nazionalismo, vadano a Roma.
      Vadano a Roma coloro i quali credono che si possa assicurare il futuro coll'amore tenace delle grandi tradizioni, e hanno fede nei ritornelli storici. Vadano a Roma i prosciugatori di paludi, i bonificatori di terreni, i cercatori d'una città capitale per l'Italia quando sarà rifatta.
      È pur sempre dal monte Pincio e dall'umile quarto piano dove abitava l'indefesso Winkelmann che si può ancora appuntare il telescopio, per scoprire quella stella che sgombrerà del tutto le nubi d'Italia.
      Ma giacchè il nome di Winkelmann ci venne sulla penna, esso che, passato a Roma, non seppe più dipartirsene se non per morire; che cosa significa codesta irresistibile attrazione che l'eterna città, dal centro d'Italia, precisamente come al tempo che era l'Urbe dell'Orbe, esercita ancora sugli animi più nobili e sugli intelletti più privilegiati di tutte le nazioni?...
      Gibbon, trovandosi a Roma, seduto sulle rovine del Campidoglio, mentre i frati cantano vespro nel tempio di Giove, quella strana antitesi lo percuote, e per vent'anni non vive che sprofondato nelle memorie della città eterna.
      Byron, indarno trattenuto da colei che per la prima volta riuscì a far parer legittima l'infedeltà conjugale, viaggia appositamente a Roma per dedicare alla regina delle città l'ultimo canto del suo Childe Harold immortale, e al cospetto delle sue rovine, la saluta Niobe delle Nazioni, e sente per essa quell'entusiasmo di amante che non ebbe mai per la fredda sua patria.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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