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      Chateaubriand, pur nello sfoggio del suo entusiasmo e di poeta e di cristiano, al cospetto di Roma non fa che ripetere l'Inania regna d'Isaia, e conchiudere declamando il Rem plenam miseriæ, spem beatitudinis inanem, di S. Agostino.
      Ma, dopo tutto, chi resta ultimo, a perder la speranza vicino al letto del moribondo parente non è che il devoto consanguineo. Però ad aver fede nella risurrezione di Roma è necessità essere uomini d'Italia. È già molto che lo straniero rammenti con ammirazione il suo passato, e s'assida con poetica commozione presso le sue rovine.
      La teoria storica dell'impossibile risurrezione delle nazioni tramontate può essere ammessa da chi trionfa nella massima piena della fortuna; ma la respinge con sapiente orgoglio chi, caduto da alto, geme in non meritata sventura.
      Pure, tanti anni sono, gli stessi Italiani che deploravano la patria infelice e divisa, allorchè visitavano Roma, se il pensiero della giustizia e la forza del dolore generavano un qualche barlume di speranza, la ragione calcolatrice degli ostacoli faceva sbollire ogni entusiasmo destato dagli avanzi del passato e dall'idea che non indarno fosse pur rimasto ancor tanto di tanta grandezza.
      Quando i congressi scientifici non avevano ancor maturato il frutto politico; quando, dopo la fatale dispersione dell'esercito del regno d'Italia, la coccarda italiana stava ancora celata nel confidente scrigno di qualche superstite veterano del Raab, e il tricolore italico non veniva ancora trapuntato dalle generose lettrici dei canti patriottici del milanese Berchet; e le cinque proverbiali giornate che lo dovevano per la prima volta far sventolare in Italia, erano ancora in mente Dei; un giovane milanese, e a chi scrive era ben noto, trovavasi precisamente a Trinità di Monti per godere lo spettacolo di un tramonto romano; e mentre un artista andava additando l'antico foro e il Campidoglio, e coi ruderi infranti ricostruiva a mano a mano la Roma reale, la Roma repubblicana, la Roma imperiale, il giovane milanese, guardando ora al cupolone di S. Pietro, che pareva nuotare in un oceano d'oro, ora al Colosseo, che sorgeva gigante ma tristo e infranto e nella condizione di un'architettonica cava di marmo: - Ecco, disse, le due costruzioni più gigantesche di mole e più sontuose d'ornato che mai siano sorte al mondo.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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