E così fu fatto. L'architetto Baldani condusse il Milanese in Trastevere e lo presentò al figlio già maturo dell'una volta famoso Camillone; diciamo una volta famoso, perchè ora non v'è più chi lo nomini nè si ricordi di lui; sebbene negli ultimi dieci anni del secolo passato abbia rappresentato a Roma quella parte che Ciceruacchio rappresentò nei primordj del fatale pontificato di Pio IX; ed abbia dettato in dialetto romano un curioso diario dell'ingresso dei Francesi in Roma nel 1798, e di tutto quello che avvenne colà in quel periodo famoso. Del qual diario il giovine milanese ottenne di poter trascrivere gran parte.
Se non che di questo Camillone noi abbiamo cercato il nome con insistenza in tutte le storie più o meno celebri che parlano delle cose generali d'Italia a quel tempo e delle speciali di Roma, compresa la postuma di Alessandro Verri, il quale, per aver dimorato tanti anni in quella città e per essersi, per ciò che aspetta ai Francesi ed alla repubblica colà improvvisata, diffuso in insoliti particolari, avrebbe potuto parlarne con più ragioni e con più mezzi degli altri. Ma non ne abbiam trovato neppur un cenno fuggitivo, il che ci sembrò tanto strano, che siamo venuti perfin nel sospetto che fosse un'invenzione e l'uomo di Trastevere, almeno per l'importanza che gli si volle dare, e il manoscritto, almeno per la sua autenticità; chè a Roma è frequente la professione di vendere vesciche ai forastieri che vanno a caccia di notizie e di scoperte. Ma, un mese fa, rovistando in Biblioteca, abbiamo trovato un opuscolo stampato a Bologna nel 1800, relativo ai fatti di Roma, dove il Camillone di Trastevere è nominato in lungo e in largo, e vi è rappresentato come l'uomo a cui l'autorità stessa doveva ricorrere quando si voleva metter pace nella moltitudine, la quale in lui solo avea fiducia.
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