Pio VI in ciò, più forse che i suoi predecessori, ha passato il segno; esso ha mostrato evidentissimamente a che deplorabili esiti doveva ridursi il poter temporale, dacchè lo si lasciò infettare la purezza del cristianesimo.
Pio VI è il nemico di tutti, fuorchè dei nemici della civiltà, fuorchè dei nemici della religione di Cristo. Il suo cuore non ha simpatie per nessuno; oggi è nemico dell'Austria, domani lo è della Francia; e se nell'odio è volubile con tutte le nazioni straniere, solo è costante coll'Italia. La prima volta poi che si risolve a stendere il braccio a qualcuno, egli si volge alla Turchia e patteggia con Maometto.
Quando Giuseppe II, con un'attività ed un'irrequietudine febbrile, stava tentando e operando riforme, sebbene tedescamente; e inoculava all'Austria Voltaire e Rousseau, per salvarla da un'esplosione violenta, e, comunque si comportasse, mostrava, se non altro, di aver compreso che l'umanità, corrosa da tabe senile, aveva bisogno di essere tutta quanta rifatta, Pio VI protestò contro le tante innovazioni di quel sovrano in materia di disciplina e di culto, dispettoso di veder prossimo il fine del traffico delle sue carte e delle pergamene della Dateria. Fu allora che si mise in viaggio per Vienna, col proposito di riuscire a spaventare Giuseppe II, e farlo desistere dalle prescritte formole di giuramento pei vescovi, dall'abolizione dei monasteri e dei conventi. Se non che andò per ispaventare, ma ritornò spaventato; e due anni dopo, quando lo stesso Giuseppe II recossi a Roma, piuttosto che mettere in pericolo i proprj interessi terreni minacciati da quel sovrano, rinunciò alla nomina dei vescovadi della Chiesa milanese e mantovana.
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