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      IV
     
      Abbiamo detto che nell'atto stesso di sborsare la prima rata dei cinquemila scudi imposti dall'armistizio di Bologna, il governo di Pio VI tentò di far assassinare dal popolaccio il ministro francese e i commissarj incaricati di ritirarla. Pure, se questa volta il tentativo andò a vuoto e i primi denari dovettero esser sborsati, ben si pensò di non adempiere alle condizioni rimanenti, e di trarre in lungo il tempo per non pagare la seconda rata; e invece si fece circolare un manifesto, il quale invitava tutti i cittadini atti alle armi ad accorrere al suono delle campane nel caso che le truppe repubblicane avessero invaso il territorio romano.
      Noi non siam disposti a concedere troppa sincerità agli atti del primo Bonaparte; ma egli è un fatto che, confrontata la sua colla condotta del Santo Padre, fanno pietà e schifo gli ingiusti giudizj dell'epatico Botta. E Bonaparte infatti scrisse al papa per sapere se quel manifesto era stato promulgato d'ordine suo; ma il santissimo padre non ebbe nemmeno il coraggio nè di affermare, nè di negare, e si chiuse in un pauroso e traditore silenzio, riponendo la sua fiducia nell'ajuto del Borbone Ferdinando IV; e attendendo prodezze e dalle reclute che andava mettendo insieme d'ogni conio e di ogni risma, e dalla sapienza di un consiglio di guerra fatto di cardinali e vescovi e frati e preti; e dall'esperienza strategica di un nipote di papa Rezzonico, e dal valore di un brigadiere Gandini, sotto del quale i soldati del papa, per assicurazione non sappiamo se di Marforio o di Pasquino, ebbero fama di portare quella famosa patta di rame, custode di coglie e di ernie, che diventò proverbiale.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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