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      Che effetto dovesse dunque produrre la domestichezza che, siccome se chi è stato a Roma, è di vecchia consuetudine tra gli studenti di belle arti e la plebe di Trastevere, ognuno lo può pensare. Diciamo questo perchè di molte enormità che avvennero nel tempo in cui le truppe repubblicane stettero in Roma, bene spesso complice e guida fu quella plebe appunto; l'inettezza colpevole del governo temporale del papa aveva fomentata in anticipazione l'ira dei popolani, i quali, anche allora quando nella vendetta passarono il segno, non fecero che continuare ad esser vittima di un'autorità assurda e corruttrice.
      Al disopra di questa classe v'era poi quella schiera numerosa d'uomini, che non manca mai in tutti i paesi di questo mondo, perchè è la natura che li mette insieme. Uomini che hanno il privilegio di veder giusto nelle cose, ed hanno in sè l'antidoto sicuro contro i pregiudizj e le cattive istruzioni; ma che nel paese ove stanno, arrischiano qualche volta di essere odiati dai partiti estremi non per altra ragione che perchè tengono la media proporzionale. Costoro sono sempre disposti a festeggiare tutte le novità, per l'istinto che hanno del progresso, e tanto più, quanto più si accorgono di vivere in mezzo ad uomini e cose sopraffatti da una decrepitezza incurabile. Costoro dunque, seguiti da quella parte di popolo che nella prima allegrezza è sempre buono, ma che può imperversare nell'ubbriachezza, fecero festa all'esercito repubblicano quando entrò in città; fecero festa a Berthier, a Cervoni, al colonnello S..., e a tutti quegl'Italiani militanti che, parlando la lingua comune, dicevano di essere venuti a infondere sangue nuovo nella vecchia Roma.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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