«Viva Roma. Se, infatti, v'è città nel mondo alla quale la rivoluzione attuale torna vantaggiosa di preferenza, è questa appunto; è questa Roma, a cui davvero oggi comprendo perchè si competa il predicato di eterna. Dopo l'avvilimento in cui la gettarono gli ultimi pontefici; dopo la fuga ignominiosa di Annibale Albani, che fece parere i Romani vilissime pecore; dopo l'ultima rotta del Senio, dove si raddoppiò quella prima ignominia, qual posto potea vedere per sè nell'avvenire quest'infelice città?
«O dirò meglio: che cosa sarebbe stato di lei, se gli avvenimenti si fossero troncati di colpo; e se la fortuna, obbedendo alla Provvidenza, non avesse fatto in modo che l'errore e il disordine e l'ingiustizia nel proprio eccesso medesimo trovassero la morte? Pio VI ricorrendo alle ambagi, alle subdole scaltrezze, al tradimento, nella speranza di poter riuscire ad arrestare il corso fatale degli avvenimenti, e non potendo ottener ciò colla forza del proprio potere, ossia colle proprie armi, ha messo in evidenza che codesta larva di potere a cui i papi, dal giorno che tennero il dono funesto dai re della terra e non dal cielo, stanno attaccati coll'avida e gelosa cura onde gli avari guardano l'illegittimo tesoro, non è che un'occasione perpetua di disordini, di ingiustizie, di viltà, di delitti, non è che un potere che svela l'impotenza, e intacca la pura santità del Vangelo e della Chiesa primitiva e dei primi pastori, i quali tengono il santissimo mandato di guardare e provvedere alle anime e alle coscienze; ma non già ai corpi, non agli interessi terreni, non all'uso della forza per respingere la forza.
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