Pagina (970/1507)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Che la popolazione stesse queta fin tanto che il presidio pontificio trovavasi sugli spaldi di castel Sant'Angelo e gli sgherri assassini gironzavano per la città e le spie lavoravano d'olfatto come cani codianti la lepre, è cosa naturalissima. Pretendeva forse il Botta che la popolazione di Roma offrisse pronta il collo ai carnefici, per esibirgli i documenti del suo odio al governo pretino, e delle sue ispirazioni all'aere libero che da più mesi le ventava dal di fuori?
      La prova che quell'esultanza, una volta che cessarono i sospetti e le paure, diede fuori con tutti gli attributi della natura che non può più nascondere un sentimento antico e tenuto per troppo tempo compresso, si è che toccò tutti i suoi eccessi. Se non fosse stata sincera sarebbe stata guardinga. Tutti i cittadini trovandosi dunque in piena balìa di dare sfogo alla propria contentezza, questa nelle proprie manifestazioni si atteggiava e si alterava e si modificava a seconda del carattere, del sentimento, dell'ingegno, dell'immaginazione di ciascuno. Trattandosi d'instauramento di repubblica, e di repubblica romana, i moltissimi a cui non è concessa un'intelligenza privilegiata, attesero di preferenza a mettere in trionfo piuttosto le forme repubblicane che la sostanza; attesero più ad evocare un passato impossibile che a preparare con sapienza le nuove vie dell'avvenire. Si trascurarono le grandi idee del sincero progresso, per rimettere in voga teatralmente i nomi degli uomini e delle cose passate, e i costumi e le foggie e i vestiti e le armi e le abitudini, senza accorgersi dell'improvvido e assurdo anacronismo.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Sant'Angelo Botta Roma