Ma, dopo tutto, non creda il lettore che l'aspetto di Roma fosse diventato squallido per queste cose; certo che furono frequenti i tumulti del popolo; frequenti le vendette e le uccisioni; che la miseria c'era; e la fame c'era. Ma la veste che copriva queste piaghe e queste ferite e questi cenci continuava pur sempre ad essere di porpora e d'oro. E per chiamar gente in Roma e mettere in circolazione qualche denaro, e abbagliar quei di dentro e quei di fuori, si davano spettacoli d'ogni sorta, spettacoli pomposi che rammentavano la grandezza antica. Per citar quello che fece più senso, la notizia che, per la prima volta dopo tanti secoli, si sarebbe aperto al pubblico l'Anfiteatro Flavio, per rappresentarvi la morte di Giulio Cesare a piedi di quella medesima statua di Pompeo, che aveva veduto estinto il vero Cesare, fece affluire gran gente in Roma da luoghi anche lontani. Di codesto fatto noi non abbiamo trovato parole nè in Botta, nè in Verri, nè in altri; ma il Camillone nel suo Diario si diffonde a parlarne per molte pagine; e tra i celebri scrittori lord Byron è il solo che, in una delle note eruditissime intorno a Roma, apposte al canto quarto del Child Harold, parla di questo spettacolo, e della statua di Pompeo stata in quell'occasione trasportata dal palazzo Spada nel Colosseo.
Anche noi dunque ce ne occuperemo, ma non tanto per l'interesse che può destare in sè, quanto perchè, invitati da quella circostanza straordinaria, il capitano Baroggi e donna Paolina S..., che trovavansi a Bologna, si recarono a Roma, e furono, senza volerlo, gli sventurati attori di una scena reale, la quale staccò l'attenzione di trentamila spettatori dalla tragedia di Voltaire, per rivolgerla tutta su loro e sul colonnello S...
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