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      In mezzo a tutta questa moltitudine variopinta, un venti o trenta di que' cari originali, che comprendendo meno di tutti, sembrano i più caldi e fanatici di tutti, vestivano, come dicemmo, in costume di antichi Romani, e facendo da Collatino e da Muzio Scevola e da Curzio, parevano aver la speciale incombenza di ravvicinare in quel recinto le distanze di venti secoli.
     
      II
     
      Il palco scenico, dove gli attori della compagnia Rosier dovevano declamare stentoreamente i versi di Voltaire, per farsi sentire da chi stava sulle più alte gradinate, non era che un impalcato di forma ellittica, inscritto nella proporzione di due terzi nell'ellissi dell'anfiteatro. Era dunque un palco che si vedeva da tutti i lati, senza siparj, senza scenarj, senza nulla di tutto ciò che, comunemente, costituisce un palco scenico. Bensì quell'impalcato, dovendo rappresentare il Campidoglio, aveva delle gradinate di legno, e dei portici rivestiti di tela imitante il marmo, e sotto agli archi, delle statue con pallj di canovaccio spalmati di gesso e di creta. Gli attori dovevano aggirarsi tra quei portici, intorno a quelle statue, discendere da quelle gradinate. Per verità che c'era qualche cosa di nuovo, e, se vogliamo, anche di più naturale del solito. La cosa poi che più di tutto giovava a crescere quel che si chiama l'illusione teatrale, e a ravvicinare più che mai il finto al vero, era la statua colossale di Pompeo, quella veramente, ai piedi della quale, come voleva e vuol la fama, venne ucciso Giulio Cesare, e che è la stessa che oggi ammirasi ancora in una delle sale del palazzo Spada.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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