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      Essa era stata collocata presso al portico costrutto appositamente; e l'importanza che le si volle dare, e le lettere cubitali con cui nell'avviso al pubblico venne accennata, quasi ci trarrebbe a credere che siasi voluto rappresentar la tragedia per usufruttare la statua.
      Ma, domanderà taluno, i signori comici che dovevano per un pajo d'ore trasmutarsi in Giulio Cesare e Marcantonio e Bruto e Cassio e Dolabella, da qual parte, in mancanza di quinte, dovevano uscire per fare i colpi di scena con qualche illusione degli spettatori? A questo bisogno si adempì con più naturalezza e spontaneità che non si crederebbe; sotto all'impalcatura delle gradinate e dei portici avevano il loro dietro le scene, e là aspettavano il momento opportuno di uscire sul palco e far la loro parte.
      Lo spettacolo finalmente incominciò in mezzo al silenzio generale, che durò pochissimo; perchè dei trentamila spettatori accorsi, ventimila, ad essere cortesi, non comprendevan nulla; altri perchè non capivano il francese, altri per l'inevitabile rumore che vi si faceva. I ragazzi del popolo, che s'eran arrampicati fin sulle ultime gradinate, dopo essere stati attenti un momento, per l'istinto della novità, al comparire di Antonio, che aveva il manto turchino filettato in bianco, e di Giulio Cesare che lo aveva color porpora, si diedero a schiamazzare senza tanti rispetti, e a correr innanzi e indietro, a sfoggio di agilità e di coraggio, sui cornicioni praticabili. Ad ogni modo. Antonio potè declamare la prima parlata:


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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