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      César, tu vas regner...
     
      sino al verso:
     
      Qui peut à ta grande âme inspirer la terreur?
     
      e Cesare potè rispondere quasi d'un fiato:
     
      L'Amitié, cher Antoine:
     
      e attraverso a sessanta e più versi conchiudere, abbracciando Antonio:
     
      Ta promesse suffit, et je la crois plus pureQue les autels des dieux entourés du parjure.
     
      Quelli tra gli spettatori che avevano un posto, abbastanza vicino per sentire le voci, e intelligenza sufficiente per afferrare il concetto delle parole, e, quel che più importa, la conoscenza della lingua francese, ascoltarono tutta la prima scena senza annojarsi e senza divertirsi, e senza dar segni nè dell'una cosa nè dell'altra. Necessariamente, quand'anche Giulio Cesare fosse stato rappresentato da Garrik, da Kean, da Talma, da Modena, un buon repubblicano non poteva applaudirlo in coscienza, e meno ancora quello scellerato adulatore di Marcantonio. L'indifferenza continuò fino alla scena terza, quando Cassio, Cimbro, Cinna, Casca e Bruto entrarono in iscena, e schieraronsi innanzi a Giulio Cesare assiso sotto ad uno degli archi.
      Bruto avrebbe dovuto uscire insieme cogli altri colleghi ed amici, chè non v'era nessuna necessità drammatica di far diversamente; ma Bruto era il primo attore della compagnia; doveva produrre un grande effetto soltanto col farsi vedere; uscì dunque ultimo, dopo qualche momento d'aspettazione ad arte prolungata. I battimani scoppiarono strepitosi, lunghi, susseguiti da migliaja di grida: Vive la république, vive la liberté, vive l'égalité. Perfino i seminudi birichini correnti e ricorrenti sulle cornici dell'anfiteatro, si arrestarono anch'essi schiamazzando, evviva!


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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