Tuttavia, se questo è vero, è anche verissimo che quegli atti, imposti dalla violenza, diremo così, del fatto eccezionale, portano con sè il carattere della violenza stessa, che è quello di non poter durare. Cessate le cagioni che agli uomini fecero come cangiar natura, la natura ritorna tosto alla prova, e spesso con più fierezza di prima; quasi a vendicarsi di chi avea saputo sopraffarla e domarla.
La contessa Clelia, dopo aver concesso che il capitano Baroggi sposasse donna Paolina, tentò ogni cosa per trarre in lungo l'atto indiscutibile del matrimonio. Sperava che il tempo e la fortuna potessero improvvisare e mettere innanzi qualche ostacolo ugualmente indistruttibile. L'orgoglio del sangue, pur troppo, era in lei tenacissimo. Diremo di più: la rivoluzione di Francia e le nuove idee e le leggi nuove che decretarono l'abolizione della nobiltà, le avevano inasprito quell'orgoglio stesso; come avviene sempre di un sentimento antico e profondo che vien contraddetto e vietato dal comando della forza pubblica.
Donna di forte ingegno, convalidava l'opposizione al nuovo ordine di cose con tutto l'apparato del sofisma scientifico. Però sosteneva le idee vecchie delle caste privilegiate col duplice elemento, e del sentimento naturale che non può distruggere sè stesso, e dell'amore del sistema, che, nelle persone di scienza, si pone innanzi a tutto il resto, con ostinazione e persino con ira. Non si ricordava, la vecchia contessa, diventata crudele, che nei giovani anni non aveva consultato il blasone allorchè la voce di un tenore, figliuolo di un sarto, le sussurrò all'orecchio parole d'amore.
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Clelia Baroggi Paolina Francia
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