Allora il general Massena, che, in tutto, anche nelle inezie, voleva quel che voleva ed era irrequieto e impaziente, ordinò a un ufficiale di prender notizia di quel capitano non appartenente a nessuno dei reggimenti di presidio in Roma; e gli ingiunse, ad un bisogno, d'interrogare il capitano medesimo sull'esser suo.
L'ufficiale, nell'intermezzo tra il secondo e il terzo atto, senza aspettar altro, si recò presso il Baroggi, e fattogli il saluto militare:
- Scusate, ma il generale desidera sapere chi siete, e sono qui per ordine suo.
- Io sono il capitano Geremia Baroggi di Milano, del 7.° dragoni, che ora sta di presidio a Bologna; sono qui in permesso, e ho già presentato i miei recapiti al comando militare di Roma.
- Non è per questo, capitano; già si sa che un bravo soldato fa il suo dovere; ma è perchè il generale vorrebbe conoscervi.
- Io mi presenterò al generale domani... Credo che i suoi alloggiamenti siano in piazza Cavallo.
- Al Quirinale, capitano.
E l'ufficiale s'indugiava, adocchiando avidamente la giovinetta, che affettava, per togliersi d'impaccio, di stare attentissima ai cambiamenti che si stavano facendo sul palcoscenico.
- È per voi, proseguì l'ufficiale, una combinazione fortunata, che il colonnello del mio reggimento sia un vostro compatriota.
Il Baroggi guardò l'ufficiale, senza riuscire del tutto a nascondere l'espressione di un sospetto, che a quelle parole gli balenò d'improvviso.
Donna Paolina, senza volgere la testa, anzi continuando a fingere di essere attentissima a tutt'altro, fu scossa anch'essa a quelle parole di colonnello e di compatriota.
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