Pensò allora di recarsi alla casa di lei; ma fu il pensiero d'un istante, perchè, subentrata l'ira, lo risospinse alla caserma, dove entrò a notte altissima, aspettato dall'ordinanza che da tante ore sonnecchiava, svegliandosi spesso di soprassalto, per tema dei rimbrotti di lui.
Egli entrò, e:
- Va, e chiamami qui subito, disse all'ordinanza. il colonnello Paoli e il Ballabio.
- Essi sono già a letto da più ore.
- Va e svegliali, ti dico! - Ma, aspetta che ci andrò io.
Detto questo, uscì seguito dall'ordinanza che gli faceva lume. Bussò alla porta dell'alloggio del colonnello Paoli. Non essendogli risposto, picchiò forte, tanta era l'impazienza ond'era agitato. Alfine s'aprì l'uscio, e comparve l'ordinanza del Paoli; e si sentì la voce iraconda di lui che gridava:
- Che cos'è? chi batte a quest'ora?
- Abbi pazienza! gridò allora colla sua voce sonora il colonnello S...; abbi pazienza; ho bisogno di te.
Le parole contrastavano col tono alto, aspro, iracondo.
Nondimeno il colonnello Paoli:
- Evvia, entra, rispose.
Il conte entrò.
- Scusami, ripetè poi. Domani avrò un duello. - Lo voglio io; faccio conto su di te e sul Ballabio. Sarete, come tante altre volte, i miei padrini.
- Va bene; ma che diavolo è successo? Due ore fa eri l'uomo più gajo e più lieto del mondo.
- Gajo, sì gajo - sentirai. Ma il duello sarà a morte; a morte, capisci tu? Voglio che Roma ne abbia a inorridire. Ora, disse all'ordinanza, va a chiamare il colonnello Ballabio. Digli che venga qui subito.
L'ordinanza partiva, e un quarto d'ora dopo entrava il Ballabio in mutande, cogli stivali alla dragona e il mantello sulle spalle.
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