Uscito dal palazzo del Quirinale, il conte pensava tra via chi mai avesse potuto parlare del duello al generale; ma presto si appose al vero, onde sentì crescersi l'ira contro la figlia, la quale avealo esposto ad essere trattato dal generale come una recluta. Punto da quell'accoglimento da caserma che lo feriva nell'orgoglio, e ripensando alle lodi che il Ballabio incautamente aveva fatto della valentia del capitano Baroggi, fermo di mettere sotto i piedi i consigli di Massena, al quale, bestemmiando tra sè e sè, scagliò tali ingiurie, che guai se fossero state sentite da quel tremendo repubblicano nizzardo; e ridottosi al proprio alloggio, si recò nelle camere dei due padrini, per sentire se tutto era stabilito. Essi gli risposero, che il Baroggi accettava le nuove condizioni, ch'esso aveva scelto i proprj padrini; che l'ora erasi fissata al primo sorgere del dì successivo, e il luogo a due miglia fuori di porta S. Sebastiano, dietro il sepolcro di Cecilia Metella.
Le due parti non avevano che a far altro che aspettar l'alba. Ma non era così di donna Paolina. Essa tenevasi certa che l'autorità del general Massena sarebbe stata più che sufficiente a mandar a vuoto il duello, e forse ad ottener dal conte che di nemico si facesse amico e protettore, e, più che gli orgogli di casta, sentisse i doveri di padre. Ella dunque provò fino allo spasimo il martirio dell'aspettare; ad ogni scalpito di cavallo, ad ogni rumor di ruote, ad ogni aprirsi di porte, stava in sull'ale tremante, convulsa, nella credenza che fosse un messo benefico, apportatore di una felice notizia.
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