Di questo genere era il duello che sotto il cielo di Roma, presso ad uno dei più famosi e vetusti monumenti di quella classica terra che delle proprie memorie investe e fa grandeggiare anche il presente, stava per incominciare.
Un amante, anzi un marito, marito in faccia alle eterne leggi della natura, se non in cospetto delle transitorie consuetudini sociali, stava a fronte al padre della propria sposa; la gioventù nel primo suo vigore, la bellezza nel massimo suo splendore, di contro alla virilità che, presso alla sua decadenza, sembrava riassumere in un estremo sforzo i varj momenti dell'età trascorsa, e celare i guasti del tempo sotto un aspetto affatto eccezionale di jattanza poderosa. Da un lato un raggio calmo di onesta bontà, che rendeva più interessante la gioventù, la bellezza, la sventura; dall'altro un'apparenza fiera e provocatrice, che stornava da sè ogni simpatia ed ogni indulgenza.
Dato e ricambiato il saluto di costume, gli squadroni si toccarono. Il tintinnio risuonò nella profondità del silenzio generale. Quel sonito passò il cuore della sciagurata Paolina, che si gettò in ginocchio, fermandosi in questa posa come un'estatica.
Ma noi non riferiremo tutti gli accidenti del duello, tutti i colpi, le mosse, le gare tra la forza e la destrezza. Soltanto diremo che, senza ferir colpo, i combattenti dovettero riposarsi fino a cinque volte, riuscendo manifesto agli astanti ed allo stesso conte S..., che il capitano avrebbe potuto percuoterlo gravemente una volta alla testa, un'altra al petto.
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Roma Paolina
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