Lascia dunque, Lamberti, ch'egli disapprovi la tua prosa. Egli non avrą mai nč la tua lingua, nč la tua correzione, nč la proporzione del tuo disegno.
Cosģ parlava l'arcigno e livido ed esagerato Giordani, che nella critica non aveva nč misura, nč giustizia rigorosa, ma si lasciava prendere dai consigli che gli venivano dal fegato morboso. E questo fegato stillava un fiele tutto speciale ai danni di Foscolo, perchč questi nella sua prolusione sull'ufficio della letteratura, professando il proprio disprezzo ai panegirici, implicitamente aveva condannato anche quello con cui Giordani, il libero Giordani, prosternandosi innanzi a Napoleone, aveva sfoggiato un'adulazione che avrebbe fatto ribrezzo anche ai tempi di Roma imperiale.
Al crocchio di Monti e di Lamberti e di Giordani si unirono il frate-prete spretato Lampredi, e Mario Pieri, il quale era indignato con Foscolo perchč non gli aveva mai accordato l'ingegno ch'ei pretendeva di avere; e vi si aggiunse Brunacci ancora sbuffante degli schiaffi che Ugo, sotto gli atrj dell'Universitą pavese, gli aveva promessi; e fecero circolo don Marzio Anelli e una mezza dozzina di membri dell'Istituto nazionale.
Ugo Foscolo in quell'anno aveva perduta la cattedra, era in ira al vicerč, era lautamente indebitato, disperatamente innamorato: avverso era al mondo e avversi a lui gli eventi. Irritato dalle recenti offese, sparlava del governo; onde tutti coloro che speravano e temevano tutto dall'alto, ed erano protetti e ricompensati ed onorati, lo scansavano come pericolosissimo.
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