Però, se non potrà essere appagata la curiosità del bel mondo, troverà maggior pascolo il filosofo investigatore, che, al pari del medico, ha bisogno di conoscere i più minuti elementi che produssero ed esacerbarono malattie ed ammalati celebri.
Cominciamo intanto dal dire, che il titolo di contessina, essa lo trovò in casa, bell'e fatto da molti secoli. Il suo casato, se non ricchissimo, era cospicuo. I suoi genitori, tanto il maschio che la femmina, furono buoni, per taluni anche ottimi, e di costumi assai rigorosi: così rigorosi, da non parer contemporanei di quella generazione lieta e gaudente che inventò il topé e la cipria. Le amiche della fanciulla, che vissero con lei gli anni dell'infanzia nel monastero di S. Giuseppe (d'una delle quali noi abbiam conosciuto il figlio, che dalla madre tenne molte notizie), furon tutte d'accordo nel dire, che indole più mite, più soave, più angelica della sua non ci fu mai; aggiungendo però che tutte queste qualità erano mantenute nel loro più perfetto stato di conservazione da una gran dose di ghiaccio nativo: press'a poco come avviene di alcuni prodotti vegetali, che, se non si tengono in fresco, si corrompono.
Non era per altro del parere comune la madre di quel tal figlio che noi conoscemmo, la quale per combinazione fu la sua amica più intima e più costante. Per suo mezzo potemmo raccogliere che la calma serafica era tutta nell'apparenza di quella creatura, ma di sotto all'onda gelata, non ostante una gran bontà e gentilezza di natura, ferveva e bolliva e scorreva la lava.
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S. Giuseppe
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