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      Quando di un fatto storico segnalato e celebre s'è rintracciata una delle prime cause, questa, sebbene possa essere lieve in sè stessa, assume di tratto un grande interesse per le conseguenze che sono derivate. Nè crediamo di offendere menomamente la memoria del personaggio reale, che, per la necessaria delicatezza, abbiamo nascosto sotto il pseudonimo assunto. La contessa Aquila, come noi l'abbiamo rappresentata, ci pare sia un modello della donna completa, della donna cioè che, ad onta e della virtù nativa e della educazione squisita e della vita senza rimproveri, ebbe tale esuberanza di sentimento, da accogliere in petto la più possente delle umane passioni.
      Gl'ipocriti, che biasimano le anime passionate, pronti a far sempre da Tartufi ed a nascondersi sotto il tavolino dei perpetui Orgoni, dovrebbero compiangere ed ammirare invece la condizione di una donna che, ardente di fantasia, d'affetto, di sangue, pur riesce, dopo lunghe battaglie, a star salda nella propria virtù.
      Queste cose le abbiam dette altre volte; ma pare che non sia bastato l'avviso, nè basterà mai. I corvi calanti alle carogne, condannano sempre le donne fatte di carne, di sangue e di cuore.
      Quando il duca Litta mandò a invitare per la grande caccia da darsi presso la villa di Lainate, quanti conoscenti patrizj e non patrizj aveva in Milano, si dimenticò, o espressamente omise di comprendervi l'avvocato Falchi con sua moglie, quantunque li conoscesse assai bene.
      Siccome gl'inviti furono mandati fuori molti giorni prima, e l'avvocatessa potè vederne alcuni, ella salì in furore per essere stata dimenticata; ed a questo punto giova che il lettore abbia una idea dell'indole di una tal donna.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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