L'avvocatessa Falchi si placò di colpo; il ministro partì, passò al duca Litta, il quale, essendo buonissimo e non dando molta importanza a cosa nessuna, accontentò i desiderj e dell'amico e dell'avvocatessa.
Sorse il giorno della caccia: al mattino di quel giorno, dal palazzo di corte, da quasi tutti i palazzi della città uscivano le carrozze col tiro a sei, col tiro a quattro, col tiro a due; uscivano a cavallo i giovinotti ufficiali e non ufficiali, in costumi strani, cosidetti alla cacciatora, come allora portava il Corriere delle Dame del Lattanzi; il poeta Monti sorse anch'egli mattutino, e venne a pigliarlo la carrozza del conte Paradisi; il Foscolo, che allora corteggiava la contessa A..., galoppò a cavallo in soprabito di panno verdolino con pantaloni di casimiro color piombo e stivali a trombini.
La contessa A..., bellissima fra le belle, aveva molto spirito, molto ingegno, molta coltura (parlava quattro lingue); era buona, generosa e affabile; costituiva insomma il complesso rarissimo di egregie qualità; ma tutte parevano sfasciarsi sotto all'uragano di un difetto solo. Ella faceva dell'amore l'unico passatempo; ma un passatempo tumultuoso, fremebondo, irrequieto; nè occorre il dire che quell'amore era parente di quello rimasto nudo in Grecia e nudo in Roma, come disse Foscolo; e che, mancando di un candido velo, non era stato meritevole di riposare in grembo a Venere celeste. Ma Foscolo, nonostante la sua poetica distinzione, si trovò un bel giorno avvolto e impigliato nell'ampia rete che la contessa teneva sempre immersa nella grande peschiera della capitale lombarda.
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