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      Certamente che una dichiarazione così esplicita e più che audace, fatta da donna ad uomo, era un fatto che doveva peggiorare il concetto ch'altri potesse avere di lei, e anche a Foscolo avrebbe dovuto non far buona impressione. Ma se avrebbe dovuto, non lo fu. Con quell'animo ardente di Ugo, con quel temperamento in esaltazione, con quell'entusiasmo per la bellezza, con quel naturale orgoglio che gli fece tosto trovar spiegabile e giusto quella specie di privilegio in cui la contessa costituiva lui solo a petto di tanti; alle lusinghiere parole della contessa, ei si sentì di punto in bianco preso d'amore; uno di quegli amori roventi che lasciano segno e solco e piaga. Povero Foscolo!
      Quando ci fu la caccia a Lainate, già da quasi un mese era egli l'assiduo cavalier servente della A..., e in quel tempo non era mai comparsa nessuna nube ad intorbidare quel nuovo cielo in cui la procellosa anima di lui erasi rasserenata. La contessa in sul principio sentì l'orgoglio di avere nel proprio dominio quella fiera generosa e indomita; si compiacque di quei tête-à-tête, che per lei riuscivano una rivelazione. I dialoghi erano veri capolavori di eloquenza, di poesia, di sentimento. È facile immaginarlo. Se Foscolo non aveva quella che comunemente si chiama bellezza; anzi, allorchè stava immobile e taciturno, potesse sembrare passabilmente brutto alle ragazze che prediligono il bel nasino e i mustacchietti; assumeva, per dir così, una bellezza transitoria, allorchè animavasi, la quale gli derivava dal raggio dell'intelletto che gli balenava tra ciglio e ciglio; oltredichè era ancor giovane d'anni e ben costrutto di membra, e una selva pittoresca di capelli fulvi e inanellati gli comunicava un aspetto poeticamente selvaggio, che lo faceva diverso da tutti gli altri.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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