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      Il conte capiva sempre meno; fermò uno sguardo acuto sulla faccia del vicerè, e nel punto stesso, per un movimento spontaneo, fermò il cavallo. Beauharnais fece altrettanto, mentre continuava:
      - È precisamente così, caro signor conte. Egli è da qualche tempo ch'io doveva parlarvi. Voi siete stato un mese fa il soggetto interessante di un lungo dialogo tra me e l'imperatore, che durò più di due ore.
      Il conte, sebbene non amasse l'imperatore e tenesse in basso conto il vicerè, provò a quelle parole una soddisfazione d'orgoglio che non aveva mai provato in tutta la vita. La sua faccia si colorò, la circolazione del sangue gli si accelerò.
      - Per cagion vostra ho dovuto sentir dei rimproveri da Sua Maestà.
      - Per cagion mia?
      - Vi ripeto le sue parole testuali: - «Io so che a Milano, nella classe dei nobili, c'è un giovine di una straordinaria capacità e di un carattere antico. Perchè non me ne avete mai parlato?» - L'imperatore mi disse precisamente così. Io gli risposi che non glie ne ho mai parlato perchè sarebbe stato inutile, e gli toccai del tenore della vostra vita e dell'ostinazione a tenervi in disparte da ogni pubblico ufficio. - So anche questo, mi replicò allora l'imperatore, e ne so anche la ragione, aggiunse. Ditegli adunque che egli giri uno sguardo per tutto l'impero e tutto il regno; consideri i seggi più difficili, e ne scelga uno. Questo ebbi io l'incarico di riferirvi.
      Gli odj e le antipatie bene spesso non sono altro che una conseguenza dell'amor proprio offeso. L'uomo che è avido della stima altrui, sente un'avversione invincibile, per chi egli sospetta non ne abbia punto per lui.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Sua Maestà Milano