Ella viveva di rabbia mantenutagli costantemente dalla sua eccessiva vanità. Questa vanità che, ad onta della mente svegliata, la vediamo sovente nelle persone ignoranti e presuntuose e che hanno la villania nell'intelletto, fu tale che, quando il vicerè gettò gli occhi sulla sua faccia rosea e sulle sue spalle classiche, ella sognò addirittura e troni e dominazioni e sa Dio che altre strane cose.
Ecco perchè le riuscì così amaro l'abbandono del vicerè; ecco perchè, ammirando sè stessa nello specchio e parendole di veder conservata tutta quanta la propria freschezza voluttuosa, coll'aggiunta di certe rotondità recategli in dono dalla completa maturanza, si tenea certa che un giorno o l'altro il vicerè sarebbe ricascato; ecco perchè quando invece potè convincersi che Beauharnais avea messo gli occhi su di un'altra, e s'accorse (perchè una volta messa in via aveva l'occhio acuto) ch'esso era sollecitato e riscaldato ed esaltato da qualche cosa di diverso dal solito, ella avrebbe dato scacco matto anche a Medea per vendicarsi di quel nuovo Giasone.
Ma ora, tralasciando tutte le cose inutili, dobbiamo ritornare alla festa di corte, con cui abbiamo incominciato questo episodio.
VII
Giova intanto sapere che questa festa fu posteriore di qualche mese alla caccia di Lainate. In tale frattempo le passioni dei personaggi principali del nostro dramma subirono quelle modificazioni e alterazioni che il tempo suol sempre produrre. La contessina Amalia Aquila era stata fatta dama di corte, annuente il marito che non volle nulla per sè, ma che attendeva ben altre cose dall'avvenire, e fiutava gli eventi come il leone fiuta il vento che investe la selva; la viceregina Amalia Beauharnais supplicò ella stessa il conte Aquila perchè concedesse alla moglie di accettare il posto di dama di corte.
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