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      Veramente fu il vicerè che indusse la vicereale consorte a far quella preghiera; ma anche essa ebbe piacere di accondiscendere al marito, perchè, ingenua e virtuosissima qual era, vedeva nella contessina Aquila una delle più splendide e gloriose eccezioni in quella schiera di voluttuose donne che stavano alla contessina come le abitatrici olimpie a qualcuna delle martiri cristiane.
      Quella martire però, degna d'essere dipinta dal Beato Angelico, da qualche tempo volgeva e rivolgeva nell'animo pensieri ed aspirazioni e desii e voti che non eran certamente quelli del paradiso celeste, ma di quell'altro paradiso che si trova dappertutto, anche in un tugurio, anche nelle lande della pianura, anche in una risaja, purchè vi siano un uomo e una donna che si vogliano bene con ardore e con gentilezza. Davvero che la contessina fece malissimo a riposarsi troppo su quei pensieri; davvero ch'ella avrebbe fatto meglio a gettarsi ai piedi di un confessore oblato, e a flagellarsi sette volte al giorno per trenta giorni; ma in conclusione ella non uscì mai dal segreto de' suoi pensieri; ma in tutto e per tutto si ridusse a far dei conti senza l'oste.
      Tornando indietro, abbiamo vista la contessina a ballare la sua quadriglia d'obbligo col vicerè; però possiamo congetturare le parole che il vicerè le deve aver dette all'orecchio nei riposi alternati della danza.
      Quando una donna ha pensato molto ad un uomo nella solitudine non mai svegliata della casa; ed è stata gran tempo senza vederlo, e col desiderio di vederlo, la prima volta che si trova con lui subisce una tale ebbrezza vertiginosa, che non è più capace di governare sè stessa, malgrado di tutta la sua virtù nativa.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Aquila Beato Angelico