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      Con ottocentomila soldati e milleduecento cannoni provocò il barbarico ghigno dei pidocchiosi Cosacchi.
      Ma coi laceri e mal pasciuti battaglioni il genio aveva operato miracoli, perchè trovò un ausiliario nelle aspirazioni dell'universalità. Armato di una forza materiale quale non s'incontrò mai nella storia, il genio si degradò e fu umiliato perchè pretese di soffocare i desiderj legittimi delle nazioni. Assecondando le leggi della natura, un fanciullo può far portenti, movendo una macchina ben congegnata; ma un braccio d'atleta si spezza se pretende arrestare una ruota mossa dal vapore.
      Il genio, essendo l'espressione massima della potenza delle facoltà mentali che si corroborano e si esaltano a vicenda per la virtù di una conflagrazione eccezionale che quasi esce dalla condizione fisiologica, se appena d'un grado sorpassa quell'espressione, tosto si altera in modo da diventare un accidente patologico. L'ingegno e il genio, già lo scrisse il Sarpi, non sono altro che una lenta infiammazione del cervello. Concesso che ciò possa esser vero, appena quell'infiammazione cresca di qualche poco, siamo già allo stato dell'encefalite. Romolo, che senza dubbio fu un uomo di genio, negli ultimi anni del suo regno ebbe tali afflussi di sangue alla testa e diventò così prepotente e insoffribile, che i padri coscritti, tanto per respirare, cogliendo l'occasione di un temporale, lo fecero scomparire dalla terra e lo trasmutarono in una stella meno incomoda a loro e ognor cara alle credule plebi.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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