Il genio di Alessandro il Grande subì a trent'anni una così tremenda flogosi, che trucidava gli amici a titolo di passatempo. Alla possibile encefalite di Giulio Cesare apprestarono i congiurati la cura preventiva di ventitrè salassi.
Tornando a Napoleone, come è noto che a Parigi vi fu un momento critico in cui si pensò a farlo scomparire al pari di Romolo, così è un fatto che dopo la pace di Tilsit, quando si vide ai proprj piedi i troni degli altri re, e ricevette fumate di incenso adulatorio dal fallace Alessandro; e vestì la polacca di velluto verde coll'ermellino e l'oro e i rubini per sembrare più avvenente alla malfida di Varsavia, ei ritornò a Parigi tutto trasmutato e così furioso d'orgoglio che gli si oscurò la vista e non discerse più il vero.
Nelle spedizioni fatali della Spagna e della Russia son consegnate le prove della non breve malattia del suo genio. Ognuno sa come i suoi luogotenenti ad una voce si lamentassero ch'egli fosse diventato inerte e torbido e strano sui campi di battaglia. Ognuno sa come Ney abbia detto che sarebbe stato ben meglio ch'esso si fosse fermato a Parigi a far l'imperatore. Bensì la sventura doveva risanarlo; il ghiaccio di Russia e i disastri di Spagna dovean ricondurre la calma e l'equilibrio nelle sue prodigiose facoltà mentali, sebbene sia stato indarno, perchè fu troppo tardi. Il sansone ricuperò la forza fatale, ma non gli valse che ad infrangere le colonne per rimanere anch'egli schiacciato sotto alle rovine del tempio.
Piegando al concreto delle cose, tutt'Europa, negli ultimi giorni del 1812, era variamente attonita per la notizia degli orrendi disastri di Russia.
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