Il conte Aquila, che non erasi mai più trovato col vicerè ed era stracco di fiutare l'avvenire, ed era più stracco di vivere in un non glorioso riposo, alla notizia dei disastri inauditi del grande esercito che in pochi mesi aveva rovesciato l'edifizio miracoloso di tanti anni, si affrettò a Parigi per vedere più dappresso le cose, per affiatarsi coi personaggi più vicini al trono e più addentrati nella cosa pubblica. L'uomo ambizioso che non aveva potuto trovare un seggio abbastanza alto per sè finchè durò la gloriosa fortuna di Napoleone, sperò che quel repentissimo cambiamento di cose, quella procella furiosa che aveva soffiato nelle viscere del mare, avrebbe slanciato alla superficie tutto ciò che per le circostanze era rimasto al fondo. Le sue idee e le sue aspirazioni però erano tutt'altro che determinate.
Più anguste, più mercantili, ma più precise, erano le cagioni per cui l'avvocatessa Falchi erasi anch'essa recata a Parigi. L'avvocato, speculando sul cattivo andamento delle cose di Spagna, aveva comperato per bassissimo prezzo una grande quantità di boni del tesoro. Secondo il suo modo di vedere, avvalorato assai dai consigli del ministro Prina, erasi tenuto certissimo che le continue disfatte della guerra di Spagna sarebbero presto state riparate dai trionfi del Nord; si gettò dunque audacemente in quella speculazione, la quale, se avessero côlto nel vero le sue previsioni, avrebbegli portato in cassa un pajo di milioni. Ma per le inattese rotte di Russia, che nell'opinione degli uomini non avrebbero dovuto succedere colla presenza di Napoleone, che era mancato in Ispagna, la carta-moneta correva pericolo di rimaner carta semplice.
| |
Aquila Parigi Napoleone Falchi Parigi Spagna Prina Spagna Nord Russia Napoleone Ispagna
|