Per queste ragioni quotidianamente egli andava a visitarla, e più spesso quando l'imperatore tornò a Parigi.
È inutile il dire che il conte si accontentava delle sole notizie, nel tempo stesso che, se il galateo lo avesse permesso, si sarebbe licenziato tutte le volte che cominciavano le di lei considerazioni e congetture e ipotesi e profezie. Era ben contento d'imparar la storia da lei, ma la filosofia della storia assolutamente non poteva mandarla giù, tanto più ch'egli era di opinioni affatto opposte. Ad ogni modo, e l'uno e l'altra, nonostante una così diverga tempra d'ingegno, si sarebbero anche avvicinati nelle vedute se l'uno e l'altra si fossero posti a giudicare a sangue freddo; ma l'avvocatessa dovendo smerciare quel milione di boni del tesoro, avendo urgente bisogno che tutto piegasse in bene, si sforzava così a non vedere che rose nell'avvenire: mentre il conte, a cui premeva che il disastro napoleonico continuasse, nemmeno un momento seppe credere che l'edifizio in isfacelo potesse ricostruirsi. In due altre cose inoltre differivano affatto. Ella voleva che Napoleone si rimettesse sul piedestallo, e cadesse Beauharnais, senza che a ciò vi fosse ragione di sorta, ma soltanto perchè lo desiderava; laddove il conte, vedendo inevitabile l'ultima rovina dell'imperatore, faceva dei conti su Beauharnais, dopo le parole avute con esso lui, e su Milano e sul regno italico.
Or fermiamoci qui, in quanto a pubblici affari, e vediamo come una lieve notizia, di indole affatto privata, cambiando le passioni, abbia influito con tanta efficacia a cangiare anche le opinioni e le simpatie politiche del conte.
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