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      - Se la accende, non è per devozione, fidatevi di me. Eppoi ci sono delle novità. Ecco quel che mi scrive mio marito... guardate qui, leggete: da qui a qui.
      Il conte, dopo aver letto un brano di lettera, levò gli occhi in faccia alla Falchi e disse:
      - Io me l'aspettavo. Tuttavia, conosco i Milanesi, e i loro malumori sono fuochi di paglia.
      - Ma voltate la carta e vedrete di peggio...
      - Sì... vedo che due volte hanno affisso sulla porta della sua casa in S. Fedele...
      - Avete visto?... un cartello colle parole. Prina, Prina, il giorno si avvicina.
      - Oh... ci dò poco valore. Son le solite pasquinate... i Milanesi in ciò son famosi, ma cane che abbaia non morde.
      - Sarà come voi dite. Ma io ho scritto a mio marito di pregare il Prina a star lontano da casa nostra.
      Intanto che la Falchi parlava, il conte, a caso scorrendo il resto della lettera, s'imbatté in queste parole che gli fecero senso: Oh se andasse al diavolo prima della scrittura.
      La Falchi, vedendo che il conte fermava l'occhio oltre il passo della lettera da lei segnatogli, fu presta a cogliere un pretesto per levargliela di mano; ciò che accrebbe la prima sorpresa di lui. Per verità egli non aveva traguardate che quelle sole parole; ed esse potevano riferirsi a tutt'altra persona che al ministro Prina, ma uno strano sospetto gli era penetrato in mente; sospetto che noi ora non possiamo nè distruggere nè accertare, e intorno al quale lasceremo che il lettore pronunzii spontaneo il proprio giudizio, quando si troverà in cospetto di altri fatti.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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