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      La carrozza di casa era a pigliarlo all'Ufficio delle Messaggerie. Era notte tarda quando l'androne del suo palazzo risuonò del rumore delle ruote e dello scalpito dei cavalli.
      La contessa si sentì rimescolare il sangue a quel rumore. Era gioja? era dolore? Non lo sappiamo. Probabilmente era l'effetto d'uno di quei sentimenti indefiniti che da qualunque cagione derivino, non fanno mai bene alla salute.
      Per quanto ci dà la nostra esperienza, ben di rado avviene che al ritorno d'un marito in casa propria da una lunga assenza, risvegli il buon umore in coloro che hanno l'obbligo di aver sentito un gran vuoto per la sua lontananza. Spesso noi abbiamo assistito al ritorno più o meno atteso di qualche marito, e sempre abbiam dovuto conchiudere che colui avrebbe fatto un gran buon effetto a non ritornare così presto. Per caro che sia un marito, per quanto penelopea possa essere una moglie, la presenza di lui implica sempre sudditanza, obbedienza, impaccio. Perfino gli amici e le amiche di casa se ne risentono. Quante volte, seduti a lieta mensa, a mensa innocente, intendiamoci bene, dove l'allegria la più schietta animava la brigata invitata dalla vice-gerente moglie; a un tratto vedemmo dileguare la generale festività all'improvviso annunzio recato in tavola insieme colla zuppiera: È arrivato adesso il signor padrone!
      Ben è vero che all'entrare che fa il padrone nella sala comune, la moglie gli si fa tosto incontro con mille gentilezze, ed è perfino capace di baciarlo; gli amici e le amiche di casa vanno in cerca delle più belle espressioni per festeggiarlo; ma non bisogna fidarsi delle apparenze; ma dopo pochi minuti i visi sono tutti aggrondati, cominciando da quello del marito, che non era preparato a trovar tanta gente in casa.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Ufficio Messaggerie