Dal lato suo il Baroggi, disgustato di quell'accoglimento, rispose secco e stando sempre sulle generali, e infine si accommiatò, soggiungendo che si recava negli appartamenti della signora contessa a levare la propria moglie. Il conte allora, spinto dalla curiosità più che dai riguardi del galateo, si alzò anch'esso, e seguì il colonnello, dicendo che gli piaceva di far la conoscenza di una donna ch'era stata di sì forte animo da seguir sempre il marito alla guerra.
Donna Paolina, vestita nella sua completa divisa di dragone, stava seduta accanto alla contessina Aquila, e teneva la mano di lei nella propria, quando il conte ed il colonnello entrarono. Chi non avesse conosciuto l'esser suo, l'avrebbe creduto un giovinotto amante, tutto intento a corteggiare la propria dama. Donna Paolina si alzò all'improvvisa comparsa del conte; alta e snella e leggiadra, e cogli occhi saettanti come quelli della Camilla di Virgilio. Il conte, che non l'aveva mai veduta, fu colpito da quello spettacolo. Esso era duro e non avea cuore; ma il sangue lo aveva, e quella donna, vestita in quella foggia e così diversa da tutte le altre, gli mise sossopra il sangue. Se non che, considerandola una conquista impossibile, l'ebbe tosto in avversione, come un fatto che umiliava il suo orgoglio; e parendogli, sotto il lavoro di quella stessa umiliazione, ch'ella fosse altera e sprezzante, sentì crescere la tentazione di nuocere a lei e a suo marito in quanto poteva. Il conte Aquila era un perfetto cavaliere, nè mai sarebbesi degnato adoperare armi oblique e insidiose a danno di chicchessia; ma in quell'occasione, anche perchè gli premeva che la ricchezza rimanesse al patriziato e non alla gente oscura, si sentì irresistibilmente portato a volere il loro danno.
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