L'opera è l'Aureliano in Palmira del maestro Gioachino Rossini; il ballo è l'Arsinoe del coreografo Gioja. Calata la tela dopo il primo atto, fra clamorosi applausi alla Correa ed al Velluti, qualche frazione della platea e alcuni palchettisti si versano nelle sale del Ridotto dove, fin dalle sette, accigliati e cupi, stanno i professionisti e i dilettanti della rolina, indifferenti ai progressi della musica ed alle coscie della ballerina Millier.
In quella sala del Ridotto che sta dietro alla sala maggiore, e che, nell'inverno, è confortata dalla presenza del camino, un cerchio di persone tutte in piedi stavano intorno ad un cerchio minore di persone sedute al camino, sul quale ardeva della bragia in consunzione. Tra le persone sedute, chi attirava l'attenzione di tutti era un vecchio di anni 127 (diciamo centoventisette anni), ed era quel maestro Galmini, di cui parlammo già indietro, che, nato nel 1687, doveva morire 138 anni dopo; e fu il caso più straordinario di longevità che siasi presentato nell'evo moderno. Ancor sano e vegeto, sebbene un po' indebolito nelle gambe, da Parigi era venuto a Milano nell'autunno, ed aspettava la primavera per ridursi finalmente a Firenze sua patria.
Non aveva mai sentito la musica di Rossini, e quella sera volle recarsi in teatro per farsi un'idea del genio del maestro ventiquattrenne, di cui si pronosticavan prodigi.
- Mi ricordo, diceva quel vecchio, con voce un po' fievole, mi ricordo dello scalpore che si fece quando il maestro Monteverde, io allora era un ragazzotto, mise in rivoluzione tutta la musica; son passati più di cento anni da quel tempo.
| |
Aureliano Palmira Gioachino Rossini Arsinoe Gioja Correa Velluti Ridotto Millier Ridotto Galmini Parigi Milano Firenze Rossini Monteverde
|