Un momento fa mi pare d'averglielo domandato, e non mi ha risposto.
- Davvero che non dovrei parlare. Ma a lei dirò, che quel documento ha tutti i caratteri della vecchiaia. La carta è ingiallita, l'inchiostro è svanito.
- Allora siamo in casa.
- Cioè?
- Bisogna cercare altre carte dell'autore del testamento.
- È un provvedimento che viene in testa a chicchessia... Ma non c'è più nulla, e non s'è trovato nulla...
- Io m'impegnerei a trovarne.
A queste parole, sul volto del cavaliere F... si svolse un'espressione involontaria che fu notata dal Galantino; non era l'espressione di un giudice che deve essere soddisfatto nel sentire che c'è uno spiraglio per riuscire a scoprire la verità.
Però il Galantino, che conosceva il marchese F..., ed aveva l'idea fissa che i giudici fossero tutti venali, si mise in sospetto.
- Suvvia dunque, continuava il cavaliere, sentiamo i suoi disegni.
- Sono semplicissimi, e non mi par vero non siano già venuti in mente ad altri.
- Ebbene, sentiamo.
- Tutta Milano sa, perchè è un fatto che fece gran rumore, e perchè, se la maggior parte dei padri sono morti, i figli hanno sentito a parlare i padri di tutte le circostanze di quel fatto stesso; che il notajo che assisteva il marchese F.... era il dottor Macchi, morto nel 1802, e di cui ogni due anni vedesi il ritratto esposto sotto i portici dell'Ospedale Maggiore. - Io so, e tra gli altri deve saperlo anche l'avvocato Strigelli, il quale ora è conte del Regno, che fu lo stesso Macchi che stese il testamento, perchè il marchese lo copiasse di proprio pugno.
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