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      - Ma dov'è quest'italiano? Lo domando a te, che, per un mal inteso orgoglio, come ti dissi mille e mille volte, hai voluto sempre vivere in disparte.
      Il conte Aquila tacque, ma il petto gli ansò forte per la sistole e la diastole dell'ambizione.
      Chi aveva parlato non era adulatore, e sebbene per ingegno non fosse inferiore al conte, pur aveva di lui una stima gigantesca.
      Questo fenomeno avviene spesso tra gli uomini, che taluni vengono apprezzati in ragione del nulla che fecero, e solo perchè alcune loro attitudini, viste in iscorcio e sotto ad una luce passeggera, lasciarono un'impressione di una grandezza virtuale non provata mai alla cote dell'azione e dei fatti. A ciò si soggiunga che, se essi hanno dato segno di qualità incontestabilmente superiori, e pur tuttavia, in opposizione della tendenza del più degli uomini, si tennero celati o comparvero in pubblico qualche volta per iscomparir subito, come il sole temporalesco; il buon prossimo se ne esagera talmente la potenza, da crearne tosto una divinità in fieri. Questo era veramente il caso del conte Aquila. Il suo carattere altero, la sua coltura ampia, la sua parola forte, cruda, tagliente, e quel mai non aver voluto imbrancarsi col resto dei viventi, avevano fatto concepire di lui un'idea così alta, che qualunque più eccelsa opposizione non pareva soverchia per lui.
      - Io non credo, disse egli poi all'E... V..., che tu voglia pigliarmi in canzone: ma se hai la persuasione che, se io mi fossi accostato alle cariche o civili o militari, avrei fermata l'attenzione de' miei connazionali, pensa che non avrei potuto farlo se non imitando tutti quelli che diedero nell'occhio al pubblico: col girare, cioè, come un satellite intorno al sole di Napoleone.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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