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      Tutti tacevano e pareva che nessuno sapesse dove dar la testa, quando uscì a dire un giovinotto:
      «Diavolo! a me pare poi che d'uomini adatti ce ne sia più d'uno. Ma, a caso disperato, v'è un tale che non può a meno di saltare agli occhi di tutti. - Sentiamo, sentiamo, gridavan gli altri. - Non è vero, proseguiva colui, che Murat, il quale nacque in casa di un oste e fece il postiglione per qualche tempo, diventò poi re di Napoli? I tempi si sono cambiati, e Napoleone ha fatto vedere che non è più necessario di trovar la corona bella e fatta nel ventre della madre. Or bene, noi in casa nostra abbiamo un tal uomo, che nacque di casato distinto, che ebbe un'educazione compiuta, che fece prodigi di valore, non in una nè in due, ma in una dozzina di battaglie, al punto da destare l'invidia persino del vicerè; un uomo, un soldato, un generale che è adorato da tutto l'esercito italiano. E non potrebbe dunque costui essere il re d'Italia? Viva il re Pino, gridò allora un altro... Viva, viva, gridarono tutti. - Finalmente abbiamo trovato il re, e un re di cavalli!
      «È un gran difetto che abbiam noi Italiani, quegli proseguiva, di disprezzare tutto ciò che è nostrano, e di volere a tutti i costi fare acquisto della roba forastiera. E com'è degli uomini, così è delle mercanzie e di tutto. Il vino di Francia ci avvelena, ma si paga mezzo marengo al boccale: noi con sedici soldi si beve un vino che fa resuscitare i morti: se venisse di Francia, non lo beverebbero che i gran signori. Ma vivaddio, che il re è trovato, e se il nostro disgraziato paese arriverà finalmente ad avere e ad apprezzare un re nostrano, tutto il resto verrà da sè e tutte le piaghe si chiuderanno.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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