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      Alla sua volta, l'avvocato Gambarana avea fatto venire in città alcuni barcajuoli del Ticino, che dalle nuove gabelle erano stati ridotti a mordersi le mani per mangiare. La vasta polveriera dell'ira pubblica era dunque tutta spalancata ai quattro venti, quantunque i tizzi incendiarj stessero in mano di pochi. Non si aspettava che un'estrema notizia da Parigi, la quale, come un colpo di cannone, fosse il segnale di lasciarveli cader dentro. E il colpo alfine tuonò, che doveva provocare il dì nefasto del venti aprile.
      Già noi ci siam diffusi intorno ai varj partiti che s'eran costituiti in Milano durante la rovinosa guerra di Francia i quali, nell'aspettazione quasi generale di una catastrofe che inghiottisse l'imperatore e l'impero, stavan tutti in agguato, coll'arme al braccio, pronti a balzar fuori improvvisi e ad operare giusta i preparati disegni e i diversi intenti, all'estremo segnale che fosse venuto da Parigi. Codesto segnale, sebbene per Napoleone fosse tutto finito sin dal giorno 11, non giunse a Milano con tutti i caratteri della certezza che il 16 aprile. I partiti principali e d'azione, il lettore non se lo sarà dimenticato, erano tre. Quello delle marsine ricamate, ossia dei sostenitori del vicerè; quello del regno d'Italia indipendente con un re italiano; il partito austriaco. Il più numeroso era l'ultimo, è inutile dissimularlo. Il più possente avrebbe potuto essere il primo. Ma il secondo partito, non avendo un piano ben determinato e negli estremi giorni essendosi ingrossato di uomini più odiatori del nome francese che desiderosi del bene della patria, non servì che a togliere ogni potenza al primo partito, per darla tutta al terzo, il quale essendo già il più numeroso, diventò presto il più potente.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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