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      L'atteggiamento rivelava uno sforzo di dignità superstite; ma tremava come una foglia dalla testa ai piedi. E in quel punto stesso, perchè un lampo fuggitivo di speranza venisse ad accrescere l'orrore di quella scena, cessò a un tratto nella via il rimbombo dei colpi di martello, tacque il mugghio della folla, e si sentì invece a qualche distanza lo scalpito prolungato della cavalleria. Erano infatti i dragoni della guardia reale che attraversavano la piazzetta della Scala. Come la folla erasi dileguata al sonito della cavalleria, e i manigoldi avevano per poco abbandonata l'infame impresa, così il ministro ebbe un tremito di reazione e si credette salvo. Ma i dragoni della guardia reale procedettero quieti per S. Margherita come se nulla fosse; laonde la folla tornò indietro, e i manigoldi con più furore di prima tornarono all'assalto. I colpi spesseggiarono con più orrendo frastuono. Il ministro uscì allora in uno di quei gridi soffocati che mandano gli epilettici quando vengono assaliti dal loro malore; piegò le ginocchia e sembrò svenire. Il cugino e i servi lo presero, lo trassero fuori dello studio, a braccia lo portarono all'ultimo piano. Incuorato dai servitori, il ministro si riebbe alquanto e tornò in sè. Ma in quel momento tutti si accorsero al rumore più intenso e vicino che il palazzo era invaso. I servi fuggirono. Il cugino disse al ministro: Nascondetevi là in quel camino, presto. Poi uscì anch'esso, calcandosi il cappello in testa, e, senza essere notato da nessuno, s'imbrancò poscia colla marmaglia che ululante saliva per le scale come fiamme di un incendio che già raggiunge e soverchia il tetto.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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